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Sul referendum dell’8-9 giugno

Dichiarazione congiunta dell’Ufficio Politico del Fronte Comunista e della Segreteria Nazionale del FGC

di Fronte Comunista
19/05/2025
in Politica & Economia
Home Comunicati & Notizie Politica & Economia
  1. Domenica 8 e lunedì 9 giugno si vota per cinque referendum abrogativi, con i quali si propone di eliminare totalmente o modificare delle norme in materia di lavoro e cittadinanza. I quesiti riguarderanno i licenziamenti illegittimi, il limite dell’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, i contratti a termine, la responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni e la cittadinanza. Nello specifico, la CGIL si è fatta promotrice in solido dei quesiti sul lavoro, che riguardano tra le altre cose l’abolizione del contratto a “tutele crescenti”, il ricorso indiscriminato ai contratti a termine – entrambi presenti nel Jobs Act – e alcune norme approvate tra il 2008 e il 2021 sulla responsabilità solidale delle aziende committenti in caso di infortunio e malattia professionale dei lavoratori in appalto. Il quesito sulla cittadinanza, invece, era stato proposto all’inizio di settembre 2024 da +Europa con l’adesione di diverse associazioni: la richiesta è quella di ridurre da 10 a 5 gli anni necessari di residenza continuativa per richiedere la cittadinanza, mantenendo però invariate le altre condizioni.
  2. Denunciamo l’azione di censura parte del governo e di molti giornali “mainstream” nei confronti del referendum, col tentativo dichiarato di boicottare il voto. Tra queste azioni rientra anche l’aver fissato il referendum nei giorni in cui si tiene il secondo turno delle elezioni locali (che normalmente raggiungono un’affluenza minore alle urne) oltre che all’inizio del periodo estivo per ridurre ulteriormente l’affluenza. Le dichiarazioni di La Russa, Tajani e di altri esponenti del centrodestra – oltre a quelle davvero vergognose della segretaria della CISL Daniela Fumarola – di una “astensione politica contro un referendum voluto dalla sinistra”, mostrano pienamente come l’obiettivo del governo sia quello di non far raggiungere il quorum, necessario per rendere valido il voto, oltre che di non volersi misurare apertamente con risultati che vedrebbero molto probabilmente una forte vittoria del Sì. In tal senso, il governo Meloni con questa mossa dice di essere apertamente a favore delle leggi che, con la co-responsabilità del centrosinistra, in questi anni hanno reso più precario il lavoro ed esposto i lavoratori a ritorsioni dei padroni oltre che a licenziamenti illegittimi. Al di là della propaganda governativa prodotta nei giorni attorno al primo maggio, utile solo a gettare fumo negli occhi, si mostra chiaramente quali interessi difende questo governo: quelli dei padroni e di chi vuole un mondo dove i lavoratori siano sempre più ricattabili.
  3. Reputiamo fortemente ipocrita l’appoggio fornito dai partiti di centrosinistra e dalla finta “opposizione” a questo referendum. Il Jobs Act venne approvato dal Governo Renzi (PD) nel 2015, con un’avversione solo a parole delle dirigenze dei sindacati confederali. Le peggiori politiche di questi anni in materia di lavoro sono state approvate – se non direttamente promosse – con la complicità del centrosinistra, in nome della competitività e delle esigenze del mercato. Il PD e partiti satellite, oltre che i 5 Stelle, si espongono solo a parole sul referendum, senza promuoverlo a conti fatti anche per via di dissidi interni. Queste contraddizioni, ad esempio, emergono inoltre sotto forma di frattura politica: in queste settimane Bonaccini – avversario dell’attuale segretaria alle scorse primarie – sta polarizzando attorno a sé una cospicua fetta di consensi dei contrari alla cancellazione delle norme del Jobs Act oggetto dei quesiti referendari. Insomma, mentre la Schlein tenta di presentarsi con una facciata di “sinistra”, non può mutare la natura profondamente antioperaia ed antipopolare del Partito Democratico.
    Nella promozione del referendum non è stata ricercata una polarizzazione che, al netto dei limiti specifici, era possibile all’interno del dibattito pubblico in Italia su questi temi, anche perché determinate leggi sono state promosse, o comunque non modificate minimamente, da questi stessi partiti quando stavano al governo. Un problema di “coerenza” che non è facile nascondere di fronte al popolo e che gli permette, attraverso una posizione defilata, di provare a intestarsi in maniera ipocrita il sostegno ad una campagna politica a favore dei lavoratori. Il posizionamento puramente strumentale non crea grossi mal di pancia alle dirigenze di questi partiti, perché da una parte sanno benissimo che è difficile che venga raggiunto il quorum, dall’altra l’eventuale abrogazione delle norme proposte nei quesiti, pur essendo importante, non assesterebbe un colpo decisivo allo sfruttamento e alle sempre peggiori condizioni nei luoghi di lavoro. Non andando a toccare il sistema di dominio del capitale né i rapporti di forza a favore dei lavoratori, la cancellazione delle norme interessate dai quesiti sarebbe in ogni caso compatibile con l’attuale sistema e pertanto può essere spesa in chiave puramente propagandistica anche da queste forze.
  4. Senza scadere nella scomunica, è necessario criticare le modalità con cui è stato promosso il referendum da parte della dirigenza nazionale della CGIL. Il referendum nasceva avendo come quesito trainante quello sulla sull’Autonomia Differenziata, il quale poneva margini di polarizzazione politica più efficace, dato che avrebbe riguardato una norma su cui, al netto di una condivisione sostanziale nel merito da parte dei partiti di centrosinistra, era chiara la paternità dell’attuale governo. Tale elemento, che sarebbe stato più facile da proiettare in termini di comprensibilità, sostanziandosi in un’opposizione a una norma recente, di questo governo, e non a norme di 10 anni fa, avrebbe consentito un’affluenza decisamente maggiore e una battaglia politica percepita come seria e più immediata da parte dei lavoratori e del popolo. A tutto ciò va aggiunto anche il forte discredito che i sindacati confederali hanno assunto tra i lavoratori per via dell’avallo indiretto, da parte delle dirigenze burocratiche, delle politiche che hanno reso più precario il lavoro e del ruolo che spesso si sono ritagliati in questi anni firmando contratti a perdere. Il fatto che la Corte Costituzionale abbia bocciato il quesito sull’Autonomia Differenziata poiché non adeguatamente formulato si è rivelato un enorme boomerang, compromettendo in maniera probabilmente irrimediabile la possibilità di raggiungere il quorum, operando nei fatti la riduzione, ad esempio, della partecipazione del Sud Italia in cui il predetto tema è molto sentito. Questo errore depotenzia enormemente la portata della campagna politica in essere. Il mancato raggiungimento del quorum nel referendum rischia di rafforzare il governo, che tenterà di presentare, in chiave propagandistica, la probabile scarsa partecipazione al referendum come il segnale di un basso livello di dissenso nei confronti dell’esecutivo all’interno del Paese. Il mancato raggiungimento del quorum, indirettamente, rischia di legittimare anche le norme in materia di lavoro che sono oggetto dei quesiti sopracitati. Le questioni relative alla precarietà e alla sicurezza nei luoghi di lavoro rischiano di essere ulteriormente messe ai margini del dibattito pubblico, nonostante quotidianamente emergano drammatici episodi che ne testimoniano la strettissima attualità.
  5. Il referendum è un importante strumento di democrazia, da usare con serietà e responsabilità. Non una scorciatoia per la realizzazione del proprio progetto politico da parte del centrosinistra e della finta opposizione parlamentare, in un contesto in cui l’avanzamento – oggi più che mai – si produce attraverso i rapporti di forza a favore dei lavoratori e non appellandosi a presunte panacee per superare l’irrilevanza o per illudere il popolo che la soluzione stia in quegli stessi partiti corresponsabili del disastro sociale. Storicamente il referendum è stato utilizzato per spostare i rapporti di forza in favore dei lavoratori e del popolo, con campagne di massa molto sentite, che promuovevano istanze avanzate e che andavano a toccare nodi importanti della vita del Paese. Basti pensare al peso storico dei referendum per l’aborto e per il mantenimento del divorzio, sostenuti, non a caso, da un partito come il PCI che aveva la forza di promuovere, essendo presente su un piano di massa nei gangli della società capitalistica, tale prospettiva. Oggi tutto ciò è semplicemente assente e lo abbiamo visto sia nei casi di referendum vinti e non rispettati, come quello sull’acqua pubblica, che nel caso di quello contro le trivelle che, invece, non ha neanche raggiunto il quorum. Il risultato è stata la disillusione e senso di impotenza nei confronti di un “nemico” percepito come imbattibile. In assenza dei rapporti di forza necessari e di una progettualità politica comunista, con forti radici nel popolo, la promozione del referendum come soluzione alle problematiche profonde della “sinistra” produce al massimo illusione e rassegnazione, regalando ai nostri avversari un’arma formidabile per combatterci.
  6. Occorre non cadere vittima delle illusioni “riformiste”, a maggior ragione in una fase contraddistinta da rapporti di forza negativi per i lavoratori ed il popolo. Di fronte al peggioramento complessivo delle condizioni dei lavoratori, con salari reali diminuiti dell’8% in due anni, a fronte di profitti aumentati del 45%, un’inflazione arrivata in poco tempo al 18%, contratti nazionali fermi da anni, reputiamo arretrata la scelta di concentrare le energie di una parte sostanziosa del movimento sindacale sul referendum. La guerra imperialista, il genocidio del popolo palestinese e i sommovimenti presenti tra diverse categorie di lavoratori – con la presenza di mobilitazioni significative per i rinnovi dei contratti nazionali – impongono oggi la necessità di agire su un piano completamente diverso. Per combattere il governo e le sue politiche non si può pensare di rimanere rinchiusi tra le macine della disillusione, da una parte, e di una risposta compatibile con i margini di questo sistema, dall’altra. Lo vogliamo dire chiaramente: il problema relativo alla validità dello strumento del referendum non risiede in una forma di “rifiuto a priori” dell’istituto o di scarsa considerazione per le forme con cui parte del movimento sindacale decide di agire sul piano delle leggi anti-operaie, bensì nella constatazione di una condizione oggettiva che, con i rapporti di forza attuali, produce l’illusione di un cambiamento che non può essere determinato con scorciatoie meramente legislative. Il problema da affrontare, con maturità e serietà, riguarda come promuovere, assieme alla costruzione dell’organizzazione politica dei lavoratori, una stagione di scioperi generali e di lotta che permetta la saldatura di un fronte di classe contro la guerra e le politiche di padroni e governo. La rivolta sociale non è il voto, come sostiene invece Landini, ma organizzare queste forze per dare una battaglia complessiva a questo sistema di morte e sfruttamento. Solo lavorando per cambiare gli attuali rapporti di forza sarà possibile ottenere posizioni più avanzate, solo spezzando il sistema di dominio del capitale sarà possibile ottenere vittorie definitive per il popolo e i lavoratori.
  7. Il Fronte Comunista e il Fronte della Gioventù Comunista, pur riconoscendo i limiti di queste proposte, invitano a votare Sì ai cinque quesiti del referendum. Riteniamo necessario contrastare la posizione del governo, provando a dare il nostro contributo al raggiungimento della soglia di voto utile affinché i lavoratori possano esprimere in maniera chiara una posizione sulle leggi che hanno reso ancora più precaria la loro vita. Non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca. Inoltre, ci stringiamo attorno a quei settori, come i metalmeccanici, che in questo momento stanno provando a legare la battaglia per il referendum assieme a quella per un rinnovo dignitoso del loro contratto. Come comunisti, saremo in prima fila per fare in modo che, indipendentemente da questa tornata di voto, venga rilanciata la lotta di tutti i lavoratori e del popolo contro riarmo, guerra e governo. Abbiamo un mondo da conquistare.

Roma, 17/05/2025

 

Tag: cittadinanzaimmigrazioneLavororeferendum

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